Intervista a Riccardo Schiroli

Dopo avervi parlato di lui e avervi presentato il suo romanzo nel post precedente adesso lasciamo la parola all'autore.


  Perché un lettore dovrebbe leggere il tuo libro? 
Soprattutto perché è una lettura piacevole. Sono convinto di essere riuscito a ottenere un linguaggio che rappresenta moltissimo le persone come me: che vengono da una educazione cattolica un po invasiva, che sono cresciute abbastanza privilegiate, che non hanno mai fatto troppa fatica a scuola. Anche perché il protagonista si è lasciato alle spalle i privilegi e si trova a farsi largo da solo e un po disorientato.
Credo anche che il romanzo rappresenti bene limpatto che gli Stati Uniti potevano avere su un europeo del 1989. Descrivendo un mondo nel quale ancora non c’è internet e il protagonista può stupirsi delle centinaia di canali via cavo che vede grazie al televisore del Motel, penso sia anche interessante notare come non sia poi vero che i ventenni degli anni 80 erano così diversi da quelli del terzo millenio



 Che cosa c’è di innovativo e quali sono gli elementi di continuità con il genere o con la tradizione?
Innovare non è il mio scopo. Anzi, a me piace scrivere qualcosa che tutti possano leggere e che scorra agile. Diciamo che io sono sempre stato attirato dal viaggiare. E qualcosa al quale i miei genitori mi hanno abituato da bambino e che ho fatto e continuerò a fare fin quando potrò. Dei miei viaggi ho sempre tenuto diari. Quindi in qualche modo posso essere influenzato dalla letteratura di viaggio.


 Che cosa ti ha spinto a scrivere?
Io scrivo da sempre. Mi è sempre piaciuto raccontare storie. Per me, raccontare significa spesso prendere la realtà e fare gli aggiustamenti che mi servono per farne un racconto che possa interessare.

 Da che cosa è nata la storia? Quali sono state le fonti di ispirazione?
Come ho detto, io tengo sempre un diario dei miei viaggi. Nel caso specifico del mio primo viaggio negli Stati Uniti mi sono reso conto che la cronologia degli eventi offriva una bella impalcatura. Sono partito per ricopiare i miei appunti in bella, ma ci ho preso gusto e sono passato a fare gli aggiustamenti che secondo me rendevano il racconto più interessante per un lettore qualsiasi. Poi mi sono reso conto che non è che mi fosse poi successo tanto e ho iniziato a inventare qualcosa. Quindi ho pensato di dover contestualizzare un po di più, per valorizzare lambientazione, e ci ho rimesso le mani.



Quando scrivi? E come? in modo organizzato e continuo o improvviso, discontinuo?
Quando mi metto a scrivere ho un piano ben preciso e la prima stesura non mi porta via molto tempo. Prendo moltissimi appunti (prevalentemente a mano, su vecchie agendeil fatto che le banche non regalino più le agende quotidiane, è stato un colpo duro ai miei budget, perché mi sono messo a comprare i quaderni Moleskine) ed è da lì che parto. Poi c’è il lavoro di ricerca, che oggi è abbastanza divertente grazie a Google e Wikipedia, ma rischia anche di essere abbastanza dispersivo. Poi butto giù la struttura a biro e quindi inizio a scrivere al computer. Lunica fonte di frustrazione dello scrivere deriva dal fatto che non sei mai contento della prima stesura. E dopo tutta la fatica che hai fatto, ti piacerebbe tanto


 Quali strategie hai adottato per promuovere il tuo libro e che tipo di strumenti hai usato e usi- per proporlo all'attenzione dei tuoi potenziali lettori?
E stato un brusco risveglio. Ero convinto di ottenere una visibilità maggiore con il mio blog e i post sui social media attraverso i miei profili. Il risveglio è stato brusco quando ho capito che chi mi segue abitualmente si aspetta di vedermi cimentare con lo sport e il baseball in particolare, visto che è quello che faccio professionalmente e mi dà visibilità. Umilmente, ho chiesto aiuto per ampliare i miei orizzonti.


 Credi al self publishing?
Il mio blog è, di fatto, self publishing. Questo mi consente di occuparmi di argomenti che mi stanno a cuore senza intermediazioni e anche di pubblicare qualche racconto che mi esce estemporaneo. Ma per il romanzo ho cercato un editore. Sono convinto infatti che il primo giudizio di valore su un lavoro arrivi dallapprovazione di chi pubblica professionalmente. Certo, per il momento Non vuol dire dimenticare è solo un e-book. Ho ricevuto diverse proposte per pubblicare partecipando alle spese, ma è una formula alla quale non credo. Devo essere rimasto traumatizzato leggendo Il pendolo di Foucalt di Umberto Eco

 Progetti per il futuro?

Sono pronto a iniziare a scrivere il mio secondo romanzo, che ha il titolo provvisorio La variabile C. E poi accarezzo un sogno da tempo, quello di raccontare la mia passione per gli animali: da dove nasce e come si è concretizzata nelle mie osservazioni in natura. Anche qui ho un titolo provvisorio: Le mie bestie. Ma mi dicono che editori interessati si farebbe fatica a trovarneper ora, quindi, mi sono limitato a pubblicare stralci e bozze sul mio blog.


 Tre persone da ringraziare
Stelio Rizzo, storico direttore del giornale di fumetti Lanciostory, è stato il primo a incoraggiarmi a scrivere fiction. Ricordo come se fosse oggi la sua telefonata a casa dopo che avevo mandato spunti per soggetti alla redazione. Aveva un tono burbero, ma paterno. Mi disse: Voi che avete il dono di scrivere, prima vi rendete conto che farlo per hobby non è come farlo per mestiere e meglio è”. Poi ci sono i miei genitori Arnaldo e Mirella: mi hanno sempre incoraggiato a leggere. Difficile diventare scrittore (o, come dice Paolo Nori, uno che scrive dei libri, che è più appropriato), se non sei stato un lettore.


- CuorediInchiostro

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