Recensione "Una casa a Parigi" by S.L.Grey


La rapina notturna subita ha sconvolto la vita di Mark e Steph, che da settimane ormai vivono nel terrore costante, incapaci di sentirsi al sicuro neanche in casa propria. Per questo quando un'amica suggerisce una vacanza a Parigi, i due non riescono a bocciare l'idea.
E così, affidata la figlioletta ai nonni, i coniugi partono da Cape Town alla volta della capitale francese, decisi a concedersi una settimana romanticamente perfetta tra pittoreschi bistrot e passeggiate mano nella mano. Ma il delizioso nido d'amore promesso dal sito di scambi di appartamento si rivela molto diverso dalle aspettative, e mentre nulla tra Mark e Steph sembra andare per il verso giusto, a Cape Town non c'è traccia della misteriosa famiglia che avrebbe dovuto istallarsi nella loro villetta.
Mano a mano che la vacanza perfetta prende i colori dell'incubo, il sospetto che qualcosa di oscuro possa nascondersi dietro l'intera vicenda si fa sempre più concreto. E la chiave di tutto, forse, va cercata nel passato di Mark. Perché non c'è oscurità più terribile di quella che ci portiamo dentro.  

Parlare di Una casa a Parigi è difficile. Dire più che è un romanzo di 225 pagine è difficile. Anche definirne il genere è difficile. Un thriller? Un horror?

C'è una cosa che è facile dire al riguardo: il dubbio. Una casa a Parigi è un libro che fa dubitare - dei suoi personaggi, della storia, dei confini entro cui può espandersi e del punto fino a cui può spingersi. È un romanzo che mette tutto in discussione, finché alla fine ci troviamo a dubitare anche di noi stessi, delle righe che leggiamo, delle nostre impressioni, sensazioni e teorie.
Sì, è facile dire che Una casa a Parigi spinge sempre più a fondo nel dubbio, ma è difficile ricrearne l'atmosfera. Perché tutto tra le sue pagine è incerto, ma tutto è solido, tutto è possibile. Ed è questa vastità che fa perdere. Si può andare ovunque, ma non siamo più in grado di definire dei punti d'orientamento. Perché dubitiamo anche di quelli.

Attraverso la continua narrazione in prima persona e il puntale passaggio del microfono tra Mark e Steph, entrambi protagonisti, ci immergiamo nella storia e nei suoi paradossi, ma anche nella psiche e nelle emozioni più intime dei personaggi, nei loro angoli più nascosti. È bellissimo notare come lo stile dell'autrice cambia insieme al punto di vista, dando un sapore diverso alle vicende in base a chi le racconta. Eppure entrambe le voci sono coerenti, e paradossalmente non riusciamo a mettere in dubbio nessuna delle due.

Una casa a Parigi è un'immersione, una caduta continua e graduale, sempre più giù, sempre più a fondo. È un'immersione nella follia. È un'immersione dell'oscurità. Umana? Sovrannaturale? Non siamo in grado di dirlo. Ma siamo pronti e disposti ad accettare tutto.

Una casa a Parigi è un'angoscia morbosa, un'ansia fatta di terrore. Ma non respinge mai. Al contrario è tentatrice e seducente come il diavolo. E mentre ci dilania, ci convince che non possiamo più farne a meno, ci costringe a divorarla. Così ci troviamo incollati alle pagine, e dobbiamo andare avanti, dobbiamo sapere. Non possiamo fermarci: chiudere il libro e metterlo da parte è assolutamente impossibile.
Una casa a Parigi è un libro scritto in maniera impeccabile, un libro che ho amato dalla prima parola all'ultima, che mi ha tenuta sveglia in mille modi diversi e che lascia angoli bui non ancora illuminati. Ed è meglio così. Forse alcuni tipi di oscurità è bene restino chiusi per sempre dentro uno sgabuzzino. E non indagarli mai.
Buona lettura!


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