Recensione: "L'uomo di gesso" di C. J. Tudor


«Credo che quel giorno, per la prima volta in vita mia, mi resi conto che tutto può cambiare in un solo istante. Tutto ciò che diamo per scontato può esserci strappato via così, in un battito di ciglia.»
 
Un gioco per ragazzi che diventa pericoloso, un parco in una tranquilla cittadina inglese e alcuni gessetti, sono gli ingredienti di una storia che ha per protagonisti quattro adolescenti come tanti. Finché la paura non irrompe nelle loro vite.

Siamo nel 1986 ed Eddie Adams, detto Ed, è un dodicenne di provincia che passa la maggior parte del suo tempo con gli amici: Hoppo, Mickey Metallo, Gav la Palla e Nicky. La loro vita però cambia improvvisamente quando trovano nel bosco un corpo smembrato. A rivelare la macabra scoperta è il gioco preferito dei ragazzi, ovvero sono le figure disegnate a terra con il gesso che usano per scambiarsi dei messaggi in codice.

Trent’anni dopo, quando tutto sembra ormai dimenticato, Ed riceve una lettera contenente un gessetto, e una scia di morte ricomincia a macchiare la piccola comunità di Anderbury. Partendo dalla banale quotidianità di quattro ragazzi, il lettore precipita presto, quasi inconsapevolmente, in una trama horror che non lascia scampo, dove ogni abitante di questa piccola comunità, fortemente coesa e stretta intorno alla Chiesa pentecostale, è coinvolto nella vicenda.


L'uomo di gesso mi ha riportato alla mente, sin da subito, Stranger Things. Ci troviamo negli anni '80, abbiamo una combriccola di ragazzini, le prime cotte, ma nessun elemento davvero soprannaturale. In compenso le descrizioni sono inquietanti, gli eventi saturi di un'angoscia che ci perseguita sino all'ultima parola, tanto che delle volte avevo paura di riguardare la copertina e leggervi Stephen King e non Tudor C.J.
Le vicende di cui andiamo a leggere sono ricche di mistero sin dalla prima pagina, osserviamo - e uso "osserviamo" perché sembra davvero di star guardando un film, mentre leggiamo - qualcuno raccogliere la testa di una ragazza e nasconderla nello zaino.
É l'unico capitolo che non sappiamo da chi sia narrato, ma è sorprendente come l'autore sappia magistralmente ricucirlo all'ultimo. Se lo leggessimo subito, uno di seguito all'altro, avrebbero ugualmente senso, ma certamente non altrettanto impatto.
É forse l'elemento che maggiormente mi ha scioccato.
Questo escamotage letterario non riesce invece a lungo termine, a mio avviso. Ogni capitolo del passato, anni '80, si intervalla a uno del presente del 2016. Sarebbe stato meglio aver diviso il libro in presente e passato.
Per quanto gli eventi siano ricchi d'azione non è difficile capire che tutti questi sbalzi siano alla lunga pesanti. Il climax si spezza ad ogni fine capitolo, se ne crea un altro nel prossimo e questo dovrebbe portarci a pensare a un bingereading che invece non decolla, quando il lettore non scorge che omicidi e soluzioni forzate. D'altra parte è impossibile abbandonare le vicende di Eddie, proprio per la bravura dell'autore nello scrivere.
Eddie impara, pressappoco a metà libro, quello che è il motto di tale romanzo: il karma chiede sempre il conto.
Non c'è nessun personaggio che possa definirsi moralmente perfetto. Hanno tutti segreti e un terribile passato che li lega.
La testa nel bosco non è solo che un terribile primo assaggio, di quello che ci attende e non è neppure realmente l'inizio, come l'autore vuol farci credere.
É come se piombassimo nel Maine di King e non a Anderbury, in una realtà sempre cupa e distorta, dove gli adulti non si accorgono di quanto un azione possa essere scioccante per un bambino. Non che ci voglia un genio davvero...se vedeste una giostra cadere e intrappolare in una gabbia di lamiere e carne una ragazza, non sareste, che so, leggermente traumatizzati?
Se veniste aggrediti sessualmente?
Se trovaste il cane del vostro migliore amico avvelenato e morente?
Se trovaste un feto di un maiale in un pacco a voi spedito?
E signori, non sono neppure a metà libro, ma ditemi se già, dopo questa entusiasmante lista, non correreste da uno psicologo?
In diversi siti si parla di “romanzo di formazione” per quanto concerne “l’uomo di gesso”, ma io di formazione vi ho visto ben poco. Tanto per cominciare parlerei più di “sopravvivenza” e in secondo luogo di come determinati eventi possano alterare anche le menti più innocenti.

Vi lascio quindi immaginare l’allegria che si può trovare in queste pagine, non vi è un solo personaggio “allegro”, o quanto meno per divenirlo ha dovuto lasciare la città, ma a volte è troppo tardi anche per quello… A ognuno d’altronde spetta quanto si è meritato e non importata se questo è dovuto al fatto che ti sei ritrovato in una città così lugubre, dove persino i gessetti bianchi hanno perso il loro candore.

Lost Inside My Universe

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